Siamo un Paese di evasori, e non è certo una novità. Ma quello che stupisce davvero, oggi, è che tra i settori in cui il fenomeno è più radicato rientri incredibilmente anche la sanità. O meglio, il settore delle prestazioni sanitarie private. Perché negli studi medici italiani persiste, anacronisticamente, una netta preferenza verso i pagamenti in contanti (e quindi una certa ‘allergia’ al POS). E sebbene la giurisprudenza preveda, dal 2022, l’obbligo di accettare pagamenti elettronici per tutti i professionisti, è sempre la legge – si veda l’ultima proroga al divieto di fatturazione elettronica – a servirsi di continue deroghe e rimandi che perpetuano una situazione di opacità in ambito fiscale. E allora il circolo vizioso continua. Vediamo i dettagli.
Sanità e fisco, la trappola del contante
L’evasione fiscale nella sanità, soprattutto tra gli studi medici privati, si sta trasformando in un grosso problema. Basti pensare che secondo i dati diffusi dall’Agenzia delle Entrate, nel 2023 circa il 30% dei medici liberi professionisti non ha emesso fatture per prestazioni pagate in contanti. Una pratica che non soltanto penalizza lo Stato, ma mina anche la trasparenza del rapporto medico-paziente, che dovrebbe fondarsi sulla fiducia e sul rispetto. Invece sempre più spesso, i pazienti che si rivolgono a medici privati si trovano davanti a un dilemma che tocca a loro risolvere: accettare un sostanzioso e comodo sconto, anche di 20 euro o più, pagando in contanti, oppure richiedere esplicitamente una fattura e rinunciare al vantaggio economico immediato. Ma di chi è la colpa, quindi? Del paziente o del medico?La legge su questo parla chiaro. In base alla normativa vigente, i medici che operano in regime di libera professione sono obbligati a emettere fattura per ogni prestazione effettuata. E inoltre il pagamento deve essere tracciabile, per garantire la corretta dichiarazione dei redditi. Ergo: meglio evitare pagamenti in contante. Ma alla giurisprudenza molti medici non vogliono dare ascolto. Continuano a proporre ai pazienti di eludere il sistema, si ostinano a spingere verso l’illegalità.
Esiste tuttavia una scappatoia: il paziente che accetta di pagare in nero, infatti, ha la possibilità per legge di denunciare il medico in forma anonima alle autorità competenti, come l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza. E a quel punto starà alle autorità disporre eventuali verifiche sull’operato del medico.
Tra proroghe infinite e mancati controlli
Appurato che la ‘bilancia’ della colpa, quando si parla di evasione sanitaria, pende decisamente dalla parte dei medici, esistono tuttavia altri fattori da considerare. Su tutti l’atteggiamento degli ultimi Governi, che persistono nel prorogare l’obbligo di fatturazione elettronica per le prestazioni sanitarie. L’ultimo esempio, in questo senso, è la norma contenuta nel cosiddetto decreto Milleproroghe approvato il 9 dicembre 2024, che estende l’esenzione dall’obbligo di fatturazione elettronica fino al 31 marzo 2025. Ciò significa, in sostanza, che medici e odontoiatri potranno continuare a emettere fatture cartacee (quindi non soggette al Sistema di Interscambio) rendendo molto più difficile il controllo fiscale.
Certo, è anche vero che la ratio dietro questa esenzione può apparire sensata. Dopotutto le fatture sanitarie contengono dati sensibili ed è più facile che questi dati vengano ‘violati’ se finiscono online. Ma esistono già diversi Paesi europei che hanno ovviato al problema. Sono riusciti a sviluppare sistemi informatici che garantiscono tanto la privacy del paziente quanto la trasparenza fiscale delle pratiche. Quindi la domanda sorge spontanea: perché l’Italia non lo fa?
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Come se non bastasse, al problema legislativo delle proroghe si aggiunge quello della mancanza di controlli capillari. L’inefficienza dei meccanismi di accertamento fiscale nel nostro Paese favorisce senza dubbio la proliferazione di pratiche elusive. E in più le sanzioni, se pure arrivano, non sono sufficienti a scoraggiare il fenomeno, soprattutto se confrontate con i benefici economici derivanti dall’evasione. L’assenza di una normativa più severa, e di controlli sistematici, rende quindi la violazione delle regole un rischio calcolato per molti professionisti medici. E i rischi calcolati sono quelli che vale la pena di prendersi.
Come cambiare rotta
Cosa fare, dunque, per contrastare l’evasione fiscale nel settore sanitario? La risposta più ovvia è sforzarsi di adottare un approccio sistemico al problema, coinvolgendo nella soluzione chi fa le leggi, chi le applica, e ovviamente anche i medici e i pazienti. Si potrebbe ad esempio:
- Introdurre sistemi di fatturazione elettronica più sicuri, eliminando così la necessità di ulteriori proroghe;
- Incentivare i pagamenti tracciabili, riducendo le commissioni sui pagamenti con POS oppure offrendo detrazioni fiscali per chi utilizza metodi di pagamento elettronici;
- Introdurre sanzioni più severe per i professionisti medici (e non solo) che non emettono fattura e incentivano il nero;
- Sviluppare campagne di sensibilizzazione che informino i cittadini sui danni dell’evasione fiscale e sull’importanza della trasparenza.
E queste sono soltanto idee di partenza, abbozzate. Se chi governa si sforzasse davvero di risolvere la questione, potrebbe mettere in atto piani ancora più efficaci. Ma per farlo ci vogliono volontà politica, dispendio di risorse adeguate, e anche una certa onestà intellettuale. Qualità che all’attuale esecutivo potrebbero (onestamente) mancare.