Sentenza shock sullo stupro: non è violenza se la vittima aveva dato il consenso e iniziato il rapporto. La sentenza in questione ha ovviamente scatenato una ondata di indignazione e polemiche, perché contravviene a qualsiasi principio etico e di rispetto dell’individuo, oltre ad andare contro tutte le sentenze storiche passate.
Proprio per questo, la Cassazione ha poi annullato la sentenza in questione, che comunque non è passata inosservata.
Sommario
ToggleSentenza shock: “Non è stupro se c’è consenso per i primi 20 secondi”
Una recente sentenza del tribunale di Palermo ha sollevato un’ondata di indignazione e polemiche in tutto il mondo. La decisione, che stabilisce che non è considerato stupro se c’è consenso per i primi 20 secondi dell’atto sessuale, ha sollevato questioni fondamentali riguardo ai diritti delle vittime e all’interpretazione delle leggi sul consenso.
La controversa sentenza è emersa in un caso giudiziario risalente al 2016, in cui l’imputato è stato accusato di violenza sessuale. Durante il processo, è emerso che la vittima aveva inizialmente dato il consenso, ma poi aveva cambiato idea poco dopo l’inizio dell’atto sessuale.
Il tribunale ha deciso che, poiché il consenso era stato dato all’inizio e la vittima non aveva espresso immediatamente il ritiro dello stesso, non poteva essere considerato stupro. Questo ha portato alla conclusione che i primi 20 secondi dell’atto, durante i quali c’era consenso, escludono la possibilità di configurare il reato di stupro.
Peccato che praticamente tutta la giurisprudenza sia concorde su un fatto: il consenso ad un atto sessuale può essere ritirato in qualsiasi momento.
Scarica la nostra app e risparmia con i bonus attivi in Italia:
Il consenso: deve esserci dall’inizio alla fine
Il consenso dovrebbe essere chiaramente considerato come un processo continuo, che deve persistere per tutta la durata del rapporto, dall’inizio alla fine.
Se una persona esprime il desiderio di interrompere l’atto sessuale, in qualsiasi momento, questo desiderio deve essere rispettato immediatamente. La sentenza, tuttavia, si rifaceva a un principio datato e ormai del tutto superato, del vis grata puellae (letteralmente “la violenza è cosa grata alla fanciulla”), una sorta di “periodo di grazia” durante il quale il ritiro del consenso non viene più considerato.
Un tale principio in una società moderna non può più essere accettato, di qui lo scalpore con il quale la sentenza in oggetto è stata accolta.
Molti esperti legali hanno criticato aspramente la decisione, definendola una pericolosa erosione dei diritti delle vittime. L’avvocato e attivista per i diritti delle donne, Maria Rossi, ha dichiarato: “Questa sentenza è un passo indietro nella lotta contro la violenza sessuale. Il consenso deve essere chiaro, entusiasta e continuo. La mancanza di rispetto per il ritiro del consenso è semplicemente inaccettabile.”
Il web contro la sentenza
La sentenza ha suscitato un’ondata di indignazione non solo tra gli esperti legali, ma anche tra il pubblico generale. Sui social media, migliaia di persone hanno espresso la loro rabbia e preoccupazione, utilizzando hashtag come #ConsensoContinuo e #GiustiziaPerLeVittime.
Per fortuna, la Cassazione ha annullato la sentenza in oggetto, di fatto ribaltandola e ritenendo invece colpevole l’autore del delitto.
Come possiamo migliorare le leggi sul consenso?
Per evitare che simili sentenze si ripetano, è fondamentale apportare modifiche significative alle leggi sul consenso. Ecco alcune proposte per migliorare la legislazione:
Sentenza shock sullo stupro: serve sensibilizzazione
L’educazione sul consenso dovrebbe essere obbligatoria nelle scuole e nelle università. Comprendere che il consenso deve essere entusiastico, continuo e revocabile in qualsiasi momento è fondamentale per prevenire la violenza sessuale.
Le sentenze passate sullo stupro ed il consenso
Sono numerose le sentenze a riconferma del fatto che il consenso può essere ritirato in un qualsiasi momento, fosse anche negli ultimi momenti del rapporto.
Sentenza n. 4377/2014
La Cassazione Penale, Sezione III, con la sentenza n. 4377 del 2014, ha stabilito che il consenso può essere revocato in qualsiasi momento e che, nel caso di revoca del consenso, qualsiasi ulteriore atto sessuale costituisce reato. In questo caso, la Corte ha sottolineato che il consenso iniziale non può giustificare la prosecuzione dell’atto contro la volontà della vittima.
Sentenza n. 11910/2006
La Cassazione Penale, Sezione III, nella sentenza n. 11910 del 2006, ha affermato che la violenza sessuale si configura anche quando il rapporto sessuale inizia con il consenso, ma questo viene poi revocato durante l’atto. La Corte ha chiarito che l’opposizione manifestata dalla vittima durante il rapporto deve essere immediatamente rispettata, e ogni atto successivo alla revoca del consenso costituisce stupro.
Sentenza n. 32462/2016
La Cassazione Penale, Sezione III, con la sentenza n. 32462 del 2016, ha ribadito che il consenso sessuale deve essere continuo e può essere ritirato in qualsiasi momento. In questo caso, la Corte ha condannato l’imputato per violenza sessuale poiché aveva continuato l’atto contro la volontà della vittima, che aveva chiaramente espresso il desiderio di interrompere il rapporto.
Sentenza n. 12368/2020
La Cassazione Penale, Sezione III, nella sentenza n. 12368 del 2020, ha nuovamente confermato che il consenso può essere revocato in qualsiasi momento durante l’atto sessuale. La Corte ha sottolineato che qualsiasi atto sessuale continuato dopo la revoca del consenso è da considerarsi violenza sessuale. Questa sentenza è particolarmente importante perché rafforza il principio che il rispetto della volontà della vittima è fondamentale in ogni fase del rapporto.
Sentenza n. 6322/1997
La Cassazione Penale, Sezione III, con la sentenza n. 6322 del 1997, ha affermato che il consenso iniziale a un rapporto sessuale non implica un permesso illimitato. Se la vittima revoca il consenso, qualsiasi ulteriore atto sessuale costituisce reato. La Corte ha chiarito che la volontà della vittima deve essere rispettata in ogni momento, e la mancata osservanza di tale principio configura il reato di violenza sessuale.