Rieccoci alla rubrica Storie RdC. Il Reddito di cittadinanza, con la sua inarrestabile corsa verso l’abolizione per gli occupabili, miete ogni giorno le sue “vittime”.
A raccontarci le vostre storie siete voi, che ci scrivete confidandoci le vostre paure in merito al futuro. Oggi vi raccontiamo due storie, quella di M., mamma separata di 54 anni, e quella di D., mamma lavoratrice (sottopagata) di una 24enne affetta da disabilità.
Storie RdC: “Volontaria della croce rossa, ma a me chi aiuta?”
M. ha 54 anni, ed è mamma di due figli poco più che ventenni, entrambi studenti. Il più grande, il 25enne, si era anche trovato un lavoretto per mantenersi agli studi, l’anno scorso. Poi gli è stato dato il ben servito: rinnovare il contratto era troppo costoso, di un indeterminato, poi, neanche a parlarne.
M. da anni è alla ricerca di un lavoro, e qualche lavoretto l’ha pure svolto. Tutti lavori a nero, ovviamente, perché se chiedi di metterti in regola ti danno il ben servito. E tutti lavori sottopagati. Poi subentra il fattore età, a un certo punto sei troppo “vecchia“, quasi “da buttare”, come dice lei stessa nella sua lettera, e nessuno ti assume più.
Ed è per questo che rimani in una sorta di limbo, in cui sei troppo vecchio per un nuovo impiego, ma troppo giovane per le attuali disposizioni statali sull’Assegno di inclusione, che prevedono che tu abbia almeno un 60enne nel nucleo familiare, o un disabile, o un minore.
Non s’è però tenuto conto delle ipotesi “di confine” come quella in cui si trova M., cioè una ipotesi in cui a 54 anni è impossibile trovare lavoro, ma per lo Stato sei considerato un occupabile. Eppure, dice M, lei vorrebbe davvero tanto lavorare. Lo vuole così tanto che addirittura a lavorare ci va gratis: fa la volontaria nella croce rossa.
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Nonostante ciò, col volontariato ovviamente non ci paghi di certo il pane. E di fronte a un ex marito quasi del tutto assente, lei stessa ammette: “Non so dove prendere i soldi per mangiare, non so come pagherò le bollette o le rette universitarie”, conclude disperata nella sua lettera.
“Ho una figlia disabile, ma per lo Stato non raggiungo il punteggio per il reddito”
D. ci scrive raccontandoci una vita di fatiche e di sforzi: “Ho fatto ogni tipo di lavoro, anche quelli sottopagati“, spiega. E D. in effetti i “lavori sottopagati” continua a svolgerli, tant’è vero che nel suo caso il Reddito non è nient’altro che una mera integrazione di 200 euro: “per concedermi qualche sfizio in più. Che se vado al discount compro lo smacchiatore insieme al detersivo…”.
Una vita frugale e senza troppi sprechi, quella di D., che vive con una figlia 24enne affetta da disabilità. “Non le hanno diagnosticato un’ipoacusia in tempo. Per questo motivo i danni al cervello erano ormai radicati”.
La figlia di D. è affetta da un lieve ritardo mentale, che, stando alle attuali disposizioni, non è sufficiente a concederle l’accesso a RdC fino a fine anno e passare poi all’assegno di inclusione.
La cosa più paradossale, in tutto ciò, è che D. non può nemmeno frequentare corsi di formazione: “perché già lavoro”. E non può dare disponibilità al lavoro: “Lavorando a tempo pieno, che disponibilità posso dare?”. In sostanza, questo significa che a D. non spetta nemmeno il Supporto per la formazione, dato che non può impegnarsi coi centri per l’impiego.
“Che fine faremo, noi?”, si chiede sconsolata a chiusura della sua accorata lettera.
E tu?? Hai una storia tua da raccontarci?? Di’ la tua per Storie RdC, e torna qui a leggerci, per scoprire se abbiamo raccontato ai lettori la tua storia personale.
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