L’ennesimo autogol del Governo arriva dal taglio del cuneo. Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), infatti, il nuovo meccanismo di riduzione del cuneo fiscale andrà a impattare negativamente sugli stipendi di circa 800mila lavoratori italiani. Si prevede una riduzione in busta paga di oltre 300 euro, mentre altri 12,2 milioni di italiani non vedranno nessun cambiamento nei loro stipendi. E a rimetterci, come sempre, saranno soprattutto le fasce più povere della popolazione. Vediamo qui sotto tutti i dettagli.
Taglio del cuneo fiscale, l’Upb lancia l’allarme
A renderlo noto è l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), che in sostanza conferma i dubbi già sollevati dalle opposizioni. Il taglio del cuneo fiscale previsto dalla Manovra 2025 sarà con ogni probabilità deleterio per centinaia di migliaia di lavoratori italiani. Circa 800mila dipendenti – si legge nella memoria preparata dall’Upb per l’audizione parlamentare sulla legge di Bilancio – subiranno una perdita media in busta paga di 380 euro. E altri 12,2 milioni di lavoratori non vedranno nessun tipo di cambiamento.Ad avere un leggero vantaggio, invece, saranno soltanto 5,7 milioni di italiani, in gran parte (3,7 milioni) lavoratori che quest’anno non hanno beneficiato della decontribuzione, quindi compresi nella fascia di reddito tra i 35mila e i 40mila euro.
Chi ci perderà di più
È quindi chiaro, dall’analisi presentata dall’Upb, che saranno penalizzate dal taglio del cuneo soprattutto le fasce più povere della popolazione. Ad esempio, per chi guadagna 1000 euro lordi al mese (e non ha altri redditi), la riduzione in busta paga sarà di circa 21 euro l’anno. Per chi invece prende il doppio, quindi 2000 euro lordi, la perdita salirà a 58 euro. E ancora peggio andrà a quei lavoratori che sono impegnati per 6 mesi l’anno con un reddito pari a 6mila euro: per loro la riduzione arriverà a 109 euro. Mentre i lavoratori con un reddito da 30 mila euro, sempre secondo le stime Upb, perderanno all’incirca 30 euro.
Il discorso si fa ancora più complesso nel caso di chi ha altri redditi oltre a quelli da lavoro dipendente (come rendite da affitti o compensi da lavoratore autonomo). Per loro gli effetti del taglio del cuneo saranno una vera e propria lotteria. Facciamo due esempi. Un dipendente che ha un reddito di 30mila euro annui, e altri 10mila euro di redditi diversi, finora aveva diritto a una decontribuzione di 1.030 euro. Mentre dal 2025 non avrà niente. Invece se un lavoratore ha un reddito di 12mila euro e 10mila euro di redditi diversi, passerà da una decontribuzione di 579 euro a un bonus di 1000 euro. Guadagnandoci quindi 421 euro.
Il motivo di questa disparità è semplice: se prima la decontribuzione si applicava solo ai contributi previdenziali, con un taglio di 7 punti fino a 25mila euro e di 6 punti fino a 35mila, adesso il taglio del cuneo si applica al reddito complessivo della persona. Perciò in alcuni casi questa regola può far sforare il tetto di 40mila euro e causare la perdita di ogni beneficio. Insomma, non un meccanismo pensato con criterio.
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I difetti della norma
E i difetti della riforma introdotta in Manovra non finiscono qui. Altro problema, infatti, è la complessità intrinseca della norma: nel tentativo di ottenere gli stessi effetti dal taglio del cuneo, sono state aggiunte ulteriori distorsioni al disegno dell’Irpef, che si traducono in minore trasparenza verso i contribuenti. Inoltre, se si considera la somma dell’accorpamento delle prime due aliquote Irpef e dei nuovi bonus e detrazioni, l’effetto è un regime fiscale differente se il reddito è da lavoro dipendente o da pensione. Il lavoro infatti è tassato in modo più favorevole, mentre viene decisamente penalizzato il passaggio da lavoro a pensione. Ad esempio, sempre secondo l’analisi Upb, se un lavoratore accede alla pensione con un reddito di 30mila euro, per effetto della diversa tassazione avrà una perdita di circa 2.200 euro.
In conclusione, quindi, scegliendo di ridefinire le aliquote (con presupposti del tutto positivi) il Governo Meloni ha finito per creare un pasticcio, una situazione critica soprattutto per i lavoratori con redditi medio-bassi. Esattamente quelli che avrebbe dovuto aiutare. E che invece si ritroveranno una busta paga uguale o addirittura più bassa rispetto a quella attuale.