Vita lavorativa, l’Italia arranca
In Italia cresce la durata media della vita lavorativa, ma è la solita vittoria di Pirro. Perché il nostro Paese, pur migliorando leggermente rispetto al passato, si piazza in fondo alla classifica dei Paesi dell’Unione Europea, davanti solo alla Romania (con 32,2 anni). L’Italia, secondo le ultime stime Eurostat riferite al 2023, è infatti al penultimo posto: una persona che ha attualmente 15 anni, da noi spenderà in media 32,9 anni nella forza lavoro.
Per intenderci, la media Ue sulla vita lavorativa è invece di 36,9 anni, quindi ben al di sopra del nostro dato nazionale. In Olanda si arriva addirittura a 43,7 anni, e in Svezia a 43,1. E sul dato italiano pesa soprattutto la condizione delle donne, che hanno una vita lavorativa attesa di appena 28,3 anni, mentre la media al femminile in Europa viaggia sui 34,7 anni. E dire che abbiamo per la prima volta una premier donna, che in teoria dovrebbe tenere parecchio all’importanza di colmare un “gender gap” ai limiti del vergognoso. Ma i fatti dicono altro.
Il confronto tra uomini e donne
Andando ancora più a fondo sui dati della tabella Eurostat, vediamo a quanto ammonta il divario tra uomini e donne. Per gli uomini in Italia la durata media della vita lavorativa è di 37,2 anni, non lontanissimo dalla media Ue maschile che è di 39,0 anni. Guidano ancora una volta la classifica l’Olanda, con 45, 7 anni, e la Svezia, con 44,1 di lavoro. Anche Danimarca e Irlanda se la cavano egregiamente, attestandosi entrambe sui 42,8 anni. Invece il fanalino di coda in questa classifica “di genere” è la Croazia, che fa registrare 35,4 anni di durata media.
Ma a stupire sono soprattutto le differenze con le donne. Per loro la durata media della vita lavorativa in Ue è di soli 34,7 anni, e all’interno dei vari Paesi c’è un’oscillazione dei dati molto più ampia rispetto a quello che accade con gli uomini. Infatti si passa da numeri alti in Svezia (41,9 anni), Olanda ed Estonia (entrambe 41,5), alle cifre bassissime dell’Italia (28,3 anni), della Grecia (30,6) e infine della Romania (30,6). Vediamo insomma un’Europa a due velocità. Nel nord il gap uomo-donna è molto più risicato. Ma nei Paesi del Sud, compreso il nostro, si apre una voragine.
C’è però da notare un dato positivo. Nella gran parte dei Paesi Ue, la durata della vita lavorativa delle donne è aumentata di più rispetto a quella degli uomini. Spiccano, ad esempio, Malta, Slovacchia, Estonia, Cipro e Lussemburgo, dove la bilancia pende decisamente in favore del genere femminile. E pensare che anche in Italia, la vita lavorativa attesa per le donne è cresciuta enormemente dal 2000 ad oggi. C’è stato un incremento record di 7,2 anni in media, più veloce persino della media complessiva Ue. Eppure, il risultato finale è che rimaniamo molto indietro rispetto agli altri partner europei. E anche questa non è una bella notizia.
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Come cambia il trend (e cosa dobbiamo aspettarci)
È difficile ricavare qualcosa di positivo, per l’Italia, dopo i numeri diffusi da Eurostat. Certo, il trend europeo nel suo complesso è in salita: la durata media della vita lavorativa è aumentata costantemente dal 2013 ad oggi. C’è stata una flessione solo con l’esplosione del Covid, nel 2020, quando da 35,9 anni si è scesi a 35,6 anni di media lavorativa. Ma poi, almeno a livello comunitario, i dati hanno ripreso a salire.
Il punto però è che noi restiamo sempre indietro. L’Italia migliora un pochino, ma non abbastanza da sganciarsi dal penultimo posto della classifica sulla vita lavorativa. E in generale, il quadro-lavoro nel nostro Paese si fa sempre più preoccupante. Ricordiamo infatti che i tassi di occupazione, a maggio, sono crollati facendo segnare -17 mila occupati totali. Che il Governo si appresta a “stringere la cinghia” anche in fatto di pensioni. E probabilmente non riuscirà a garantire un sistema pensionistico all’altezza, nei prossimi anni. Dato che lo stesso ministro Giorgetti ha ammonito a chiare lettere: con questo trend demografico, le pensioni non sono più sostenibili.
Chissà allora quale futuro attende lavoratori e pensionati italiani. Il presente, non è certo il massimo. Quindi è meglio non farsi illusioni.