Viviamo in un’epoca in cui la produttività è vista come un valore assoluto: bisogna essere sempre attivi, migliorarsi costantemente e trasformare ogni momento libero in un’occasione per “fare di più”. Questo concetto, noto come “hustle culture” (cultura del sacrificio), sta avendo un impatto significativo sui giovani, portando molti di loro a vivere con l’ansia di non fare abbastanza e a sperimentare sintomi di burnout (esaurimento psicofisico) già in età scolastica.
L’iperproduttività non riguarda solo il lavoro, ma anche lo studio, lo sport, la creatività e persino il tempo libero, che viene spesso riempito da attività percepite come “utili” piuttosto che come momenti di riposo e svago. Ma dove porta tutto questo? E come possono gli insegnanti aiutare i ragazzi a trovare un equilibrio tra impegno e benessere?
Perché i giovani sono ossessionati dalla produttività?
Negli ultimi anni, diversi fattori hanno contribuito alla diffusione della mentalità dell’iperproduttività tra gli adolescenti e i giovani adulti:
La pressione scolastica e il mito dell’eccellenza
Molti studenti sentono di dover essere perfetti in tutto: ottenere voti alti, eccellere nello sport, avere competenze extracurricolari, essere attivi sui social e magari lavorare già per “costruire il futuro”. Questa pressione viene spesso alimentata dalla competizione scolastica e dall’idea che solo chi eccelle avrà successo nella vita.
I social media e il confronto costante
Instagram, TikTok e LinkedIn sono pieni di contenuti motivazionali che promuovono l’idea che bisogna svegliarsi alle 5 del mattino, leggere 50 libri all’anno, allenarsi ogni giorno e avere una carriera brillante prima dei 25 anni. Questo confronto costante con vite idealizzate porta molti giovani a sentirsi inadeguati e a spingersi oltre i propri limiti.
La gig economy e il mito del self-made man
Molti giovani crescono con l’idea che basta lavorare duro per avere successo e che chi non ce la fa è semplicemente “pigro” o “non abbastanza determinato”. La gig economy (lavoretti online, freelance, influencer marketing) ha rafforzato l’idea che bisogna sempre essere produttivi, anche nel tempo libero, per “monetizzare le proprie passioni”.
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La paura dell’incertezza economica
Con la crisi economica e la precarietà lavorativa, molti ragazzi sentono che devono darsi da fare fin da giovanissimi per non restare indietro. Questo porta a stress costante, ansia, disagio giovanile e senso di colpa per ogni momento di inattività.
Quando la produttività diventa un problema?
Lavorare sodo e impegnarsi non sono concetti negativi di per sé, ma quando il desiderio di “fare di più” diventa un’ossessione, i rischi per la salute mentale e fisica sono reali. Ecco alcuni campanelli d’allarme che segnalano la presenza di iperproduttività dannosa:
- stanchezza cronica: sensazione di esaurimento anche dopo il riposo;
- ansia e stress costante: paura di non essere mai abbastanza produttivi;
- senso di colpa nei momenti di relax: incapacità di godersi il tempo libero senza sentirsi in colpa;
- difficoltà a concentrarsi: incapacità di mantenere l’attenzione a lungo termine;
- sbalzi d’umore e irritabilità: sentirsi spesso frustrati o demotivati;
- disturbi del sonno: insonnia o difficoltà ad addormentarsi a causa della mente sempre attiva.
Quando questi sintomi diventano persistenti, si parla di burnout, una condizione di esaurimento psicofisico che può avere conseguenze gravi, tra cui ansia, depressione e isolamento sociale.
Come aiutare i ragazzi a trovare un equilibrio?
Gli insegnanti possono svolgere un ruolo chiave nel contrastare la cultura dell’iperproduttività e nel promuovere un approccio più sano al lavoro e allo studio. Si può procedere nei seguenti modi:
- normalizzare il riposo come parte della crescita: molti ragazzi vedono il riposo come “tempo sprecato”, quando in realtà è essenziale per la creatività e il benessere. Parlare apertamente del valore del riposo e dare l’esempio può aiutarli a capire che rallentare non significa essere meno capaci;
- ridimensionare la pressione scolastica: evitare di valutare gli studenti solo in base ai voti, ma incoraggiare la crescita personale. Offrire spazi di discussione per parlare dello stress scolastico. Premiare anche il percorso di apprendimento, non solo il risultato finale;
- insegnare a gestire il tempo in modo sano: aiutare i ragazzi a sviluppare una gestione equilibrata del tempo, che includa momenti di lavoro, ma anche pause e attività di svago. Strumenti come la tecnica del pomodoro (25 minuti di studio, 5 di pausa) possono essere utili per migliorare la concentrazione senza sovraccaricarsi.
- sensibilizzare sull’uso dei social e sul confronto tossico: aiutare gli studenti a riconoscere i contenuti idealizzati sui social. Promuovere un uso più consapevole delle piattaforme digitali. Stimolare la riflessione sulla differenza tra “successo reale” e “successo apparente”;
- parlare di salute mentale senza stigma: creare un ambiente scolastico in cui si possa parlare apertamente di stress, ansia e burnout senza sentirsi giudicati. Offrire risorse come sportelli di ascolto o incontri con esperti può fare la differenza.
L’iperproduttività sta diventando una vera e propria emergenza tra i giovani, che si trovano a dover essere sempre performanti senza avere il tempo di capire cosa vogliono davvero. La scuola ha il compito di insegnare loro che il valore di una persona non si misura solo in base a quanto produce, ma anche in base alla sua capacità di vivere in modo sano ed equilibrato.
Promuovere una cultura del lavoro, del riposo e del successo sostenibile è fondamentale per aiutare le nuove generazioni a costruire un futuro sereno, senza il peso dell’ansia da prestazione.