Il lancio della versione aperta di SIISL, lo scorso 18 dicembre, è stato presentato come un incredibile passo avanti verso l’innovazione nel mercato del lavoro italiano. Se prima il portale era limitato ai beneficiari di SFL e ADI – e poi esteso da fine novembre anche ai percettori della Naspi – ora le porte vengono aperte a tutti: tutti i cittadini, senza limitazioni, avranno accesso alle offerte di lavoro che prima erano riservate ai più fragili. Ma davvero è questa la soluzione più logica? Vista anche la distribuzione squilibrata delle offerte lavorative – migliaia al Nord, poche decine al Sud – davvero si pensa di agevolare un’occupazione omogenea aprendo alla logica del tutti contro tutti? L’impressione, in realtà, è di trovarsi davanti al classico specchietto per le allodole. Uno stravolgimento del già lacunoso SIISL, che viene fatto passare per grande rivoluzione tecnologica. Vediamo qui sotto tutti i particolari.
Il paradosso di SIISL, un torto ai più fragili
Dietro il linguaggio entusiasta del Ministro del Lavoro Marina Calderone – che parla di nuovi “strumenti moderni per portare l’ufficio del lavoro a casa delle persone” – si cela una verità decisamente meno rosea. Il nuovo SIISL aperto a tutti sembra l’ennesimo esempio di come le politiche del lavoro italiane riescano, con una precisione quasi chirurgica, a penalizzare i più vulnerabili. Finora il portale, denominato non a caso “Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa”, rappresentava una piattaforma dedicata ai più fragili, una speranza concreta per accedere a nuove opportunità in un mercato del lavoro già parecchio complicato.Ma l’estensione dell’accesso a tutti cambia il gioco. Ora queste categorie di cittadini, cioè i percettori di ADI, SFL e Naspi, si trovano improvvisamente a competere con un numero molto più ampio di utenti, molti dei quali potrebbero già essere in posizioni privilegiate. In altre parole, coloro che dipendevano dal SIISL come unica ancora di salvezza, ora devono contendersi le stesse (scarse) risorse con il resto degli italiani. E le pessime notizie non finiscono qui.
Il disastro della geografia occupazionale
Il vero scandalo, infatti, emerge quando si osservano i dati sui posti di lavoro disponibili per regione: al momento su SIISL la loro distribuzione è vergognosamente squilibrata. Ecco alcune cifre:
- Lombardia: 3.650 posti
- Campania: 300 posti
- Sicilia: 70 posti
- Calabria: 20 posti
- Basilicata: 8 posti
- Valle d’Aosta: 30 posti
- Molise: 7 posti
- Sardegna: 70 posti
- Puglia: 170 posti
C’è insomma un abisso tra il numero di posti di lavoro in una regione ‘ricca’, come la Lombardia, e le opportunità presenti in regioni del sud come la Calabria, la Basilicata o il Molise. Ed è semplicemente inaccettabile (per non dire altro) che la Valle d’Aosta, una regione con poco più di 120.000 abitanti, abbia a disposizione più posizioni aperte rispetto a Calabria e Basilicata, due regioni che insieme contano oltre 3 milioni di abitanti. Questo è il risultato di un sistema che perpetua le disuguaglianze geografiche anziché affrontarle, abbandonando ancora di più il Sud del Paese a sé stesso.
Il Sud abbandonato e il paradosso delle “vacancies”
Le disparità regionali nel mercato del lavoro italiano sono un problema ben documentato. Nel 2023, il tasso di disoccupazione al Sud era del 14,4%, quasi il doppio rispetto alla media nazionale (6,9%). Ma la ‘rivoluzione’ del SIISL, anziché affrontare questa emergenza, sembra ignorarla o peggio, acuirla. I pochi posti di lavoro disponibili nel Mezzogiorno non possono in alcun modo soddisfare il livello (altissimo) della domanda in quelle regioni, per cui lasciano i disoccupati del Sud a contendersi le briciole. E chi resta a mani vuote è costretto a emigrare.
Scarica la nostra app e risparmia con i bonus attivi in Italia:
Ma questa disconnessione tra domanda e offerta non è solo questione di numeri. Le imprese al Sud continuano a segnalare difficoltà nel reperire personale qualificato, una criticità che potrebbe essere alleviata con investimenti mirati in formazione e reskilling. Invece, ci troviamo di fronte a una piattaforma che, per quanto innovativa sulla carta, non tiene affatto conto delle singole realtà locali.
Inoltre è paradossale, come segnala anche un recente studio di Legacoop e Prometeia, che il tasso di “vacancies” (cioè posti di lavoro che le imprese non riescono a coprire) abbia raggiunto in questo periodo il suo massimo storico (1,7%). Ciò significa che nonostante livelli record di disoccupazione, le imprese faticano a trovare lavoratori. E non perché manchino le persone, ovviamente, ma perché le competenze disponibili non corrispondono a quelle richieste dal mercato del lavoro.
Tra futuro incerto e soluzioni superficiali
Alla luce di queste valutazioni, fa specie l’entusiasmo con cui il Ministro del Lavoro Calderone ha presentato nei giorni scorsi la ‘rivoluzione’ di SIISL. La rappresentate del Governo ha anche sottolineato, con evidente orgoglio, il fatto che la nuova piattaforma si servirà di un sistema di intelligenza artificiale per proporre offerte di lavoro “personalizzate”. Ma quanto può essere efficace un algoritmo, se le offerte sono in partenza così mal distribuite? A un disoccupato calabrese, l’IA proporrà forse uno dei 20 posti disponibili in regione, oppure suggerirà un trasferimento in Lombardia, dove ci sono quasi 200 volte più opportunità di trovare impiego?
E ancora, aumentare la platea dei beneficiari di SIISL, senza che aumentino di concerto gli annunci sulla piattaforma, è davvero la scelta più giusta? A noi pare piuttosto che la strada intrapresa dimostri una totale mancanza di visione strategica. Invece di affrontare le radici del problema – la disuguaglianza territoriale, la mancanza di infrastrutture e l’insufficienza di programmi di formazione mirati – si sposta l’attenzione su miglioramenti tecnici di scarsa rilevanza. E la sensazione è che purtroppo, senza un piano concreto per riequilibrare il mercato del lavoro e investire nelle regioni più svantaggiate, il SIISL non farà altro che perpetuare le disuguaglianze già esistenti.