Settimana corta in UK, in arrivo la proposta di legge. Il governo britannico, infatti, ha iniziato a valutare l’introduzione di una settimana lavorativa di quattro giorni per contrastare i sempre più frequenti episodi di stress e burnout. Quest’ultimo, con i tempi sempre più frenetici in cui siamo immersi, è diventato una vera e propria sindrome con effetti collaterali sia psicologici che fisici su chi ne soffre. La proposta mira a comprimere l’attuale orario settimanale in soli quattro giorni, mantenendo lo stesso numero di ore totali stabilite per contratto. Questo permetterebbe ai lavoratori di godere di un giorno extra di riposo senza perdere produttività o salario.
Settimana corta in UK, la proposta di Starmer
La vice premier Keir Starmer ha avanzato la proposta di introdurre la settimana corta in UK nella nuova proposta di legge prevista con andata in vigore il prossimo autunno. In sostanza, ai dipendenti si richiederà di concentrare le ore lavorative settimanali in quattro giorni da 10 ore, anziché i tradizionali cinque da 8 ore. Questa iniziativa è parte di un più ampio sforzo per migliorare la flessibilità lavorativa nel Regno Unito. L’idea è di fornire ai lavoratori un miglior equilibrio tra vita professionale e personale, riducendo al contempo il bisogno di assistenza domestica e favorendo un ambiente lavorativo più inclusivo.
L’esperimento nel Regno Unito
La settimana corta in UK è già stata sperimentata su larga scala nei mesi passati, coinvolgendo 61 aziende e circa 2.900 dipendenti. I risultati sono stati sorprendenti: le aziende hanno riportato un incremento medio del fatturato dell’1,4%, un calo delle assenze per malattia di due terzi e una riduzione del 57% nel turnover del personale. Inoltre, molti dipendenti hanno dichiarato di non voler tornare al vecchio regime di cinque giorni lavorativi
Tuttavia, la proposta non è esente da critiche. Alcuni settori industriali temono che una settimana più corta potrebbe incidere negativamente sulla produttività e, di conseguenza, sull’economia britannica. La preoccupazione si solleva, in particolare, nei settori dove la compressione delle attività in quattro giorni potrebbe portare a un sovraccarico di lavoro, come i lavori fisici svolti dagli operai in fabbrica.
L’adozione della settimana corta in Italia
In Italia, il dibattito sulla settimana lavorativa corta è ancora in fase iniziale, ma diverse aziende stanno già sperimentando questa modalità. Intesa Sanpaolo è stata tra le prime grandi aziende a proporre una settimana lavorativa di quattro giorni nei limiti delle esigenze professionali, mantenendo inalterato lo stipendio. Questo modello prevede turni di nove ore al giorno, lasciando ai dipendenti la scelta di aderire su base volontaria. Inoltre, vi è anche la possibilità di usufruire del lavoro flessibile, fino a 120 giorni, senza limiti mensili e con un buono pasto di 3 euro al giorno.
Altri esempi includono Lavazza, che ha introdotto un “venerdì breve” durante i mesi estivi, e Lamborghini, che sta esplorando orari più flessibili per migliorare l’equilibrio vita-lavoro dei suoi dipendenti.
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In generale, l’introduzione della settimana corta in Italia potrebbe essere vista come un’opportunità per migliorare il benessere dei lavoratori, sebbene rimangano incertezze riguardo alla sua applicabilità su larga scala, soprattutto per settori che non consentono di reggere un numero di ore superiori a 8 Il Governo italiano, pur non avendo ancora preso posizioni definitive, ha mostrato aperture alla sperimentazione, stimolato dalle richieste dei sindacati e dal successo degli esempi internazionali.
Oltre alla settimana corta in UK, anche altri paesi stanno pensando attivamente di migliorare il benessere dei propri dipendenti con l’introduzione di nuove leggi. Un esempio è costituito dall’Australia, che ha introdotto il diritto alla disconnessione. L’obiettivo è sempre quello di mantenere un buon grado di produttività, dando modo ai dipendenti di lavorare per vivere e non solo di vivere per lavorare.