Manovra 2025, come cambiano le pensioni
Il 2025 sarà un anno-chiave per le pensioni. Il Governo Meloni deve far quadrare i conti della Manovra in arrivo, e un modo essenziale potrebbe essere ritoccare (almeno in parte) il sistema pensionistico attuale. Un primo intervento significativo potrebbe riguardare la pensione di vecchiaia. Al momento, il requisito per accedere alla pensione di vecchiaia è stabilito a 67 anni di età, con almeno 20 anni di contributi versati. Si tratta di un parametro che in teoria dovrebbe rimanere invariato fino al 2026, ma voci di corridoio ipotizzano una “leggera” correzione in corso d’opera.
In sostanza, l’esecutivo potrebbe innalzare la soglia contributiva da 20 a 25 anni minimo. Sarebbe uno sgambetto a tutti quei lavoratori che puntano su una carriera più breve, e avevano già messo in conto un ritiro basato sulle regole attuali. La buona notizia, però, è che non sembra ci siano abbastanza fondi per introdurre questa modifica da subito. Al limite il Governo potrebbe varare una riforma della pensione di vecchiaia nel corso del prossimo anno.
Pensione anticipata, si allungano le finestre di attesa
Un altro intervento possibile è quello sulla pensione anticipata. Attualmente questa misura permette di andare in pensione senza requisiti di età e con un numero minimo di anni di contributi: 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne. Tuttavia, già nel corso del 2024 la finestra di attesa per l’erogazione della pensione anticipata è stata estesa a 3 mesi dopo il raggiungimento del requisito contributivo. E nel 2025 una riforma potrebbe allungare ulteriormente questa finestra.
Si potrebbe arrivare cioè a 7 mesi (in linea con quello che accade, ad esempio, con Quota 103). L’intento del Governo ovviamente è scoraggiare le uscite anticipate il più possibile, in modo tale da risparmiare sul bilancio e spostare in avanti la risoluzione di problemi che invece richiederebbero un intervento strutturale immediato.
L’ipotesi ricalcolo contributivo
Una terza ipotesi di intervento riguarda il ricalcolo contributivo. È allo studio la possibilità di estenderlo anche alle pensioni anticipate, tra le proteste e i dubbi dell’opposizione. Si tratta di una misura che potrebbe portare a una riduzione del 30% (o più) dell’importo pensionistico, per tutti i lavoratori che hanno accumulato contributi prima del 1995 (anno di introduzione del sistema contributivo). Anche in questo caso, il desiderio del Governo è chiaro: utilizzare il ricalcolo per penalizzare (e quindi scoraggiare) ulteriormente, a livello economico, l’uscita anticipata. In maniera tale da contenere il più possibile la spesa pubblica.
Scarica la nostra app e risparmia con i bonus attivi in Italia:
Pensioni più flessibili (ma con penalizzazione)
Al tavolo dell’esecutivo si sta discutendo anche di una nuova pensione flessibile, accessibile a partire dai 64 anni di età. Questa misura però porterebbe con sé tagli progressivi dell’assegno pensionistico, almeno del 3,5% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni canonici. Allo stesso tempo, il Governo sta pensando di introdurre anche un tetto minimo dell’importo pensionistico pari a 1,5 volte l’assegno sociale (all’incirca 800 euro al mese). Un parametro che renderebbe parecchio complicato l’accesso a questo tipo di pensione per chi ha carriere discontinue oppure contributi bassi.
Quota 41 per tutti, cosa propone la Lega
L’ultima riforma possibile, che è anche la più sbandierata, è il cavallo di battaglia della Lega di Salvini. Quota 41 per tutti, in sostanza, permetterebbe ai lavoratori di andare in pensione con 41 anni di contributi versati, ma indipendentemente dall’età. È però una misura altamente utopistica, che costerebbe allo Stato somme enormi (al momento non disponibili). Per tale ragione, il Governo sta valutando se introdurre alcune limitazioni. Un esempio è l’obbligo del ricalcolo contributivo, ma anche il vincolo per i soli lavoratori precoci (cioè quelli che hanno iniziato a versare contributi prima dei 19 anni).
È comunque opportuno sottolineare che tutti questi interventi pensionistici sono (al momento) soltanto ipotizzabili. La situazione attuale impone a Meloni e colleghi di fare dei sacrifici. O meglio, di imporre sacrifici a chi andrà in pensione. Resta solo da capire, questa volta, quali categorie di lavoratori verranno sacrificate.
Maaa quei mantenuti che si susseguono al governo di qualsiasi colore e partito danno cosa significa lavorare? E non dite che fare il politico sia un lavoro.