Bonus Maroni, a novembre l’ultima tranche
Scatta dall’1 di novembre l’ultima tranche del Bonus Maroni, misura introdotta per la prima volta tra il 2004 e il 2007 dall’allora ministro del Welfare Roberto Maroni. L’attuale versione del bonus garantisce, per i dipendenti che hanno maturato i requisiti previsti da Quota 103 (62 anni d’età e 41 anni di contributi), un esonero contributivo del 9,19%, pari all’aliquota massima del contributo “Invalidità, Vecchiaia e Superstiti”. L’esonero si traduce in un balzo di stipendio netto, e per il mese di novembre sarà destinato a una categoria specifica di lavoratori della pubblica amministrazione che non hanno ricevuto l’incentivo negli scorsi mesi.
Anche se destinato a un’ampia platea, il Bonus Maroni risulta appetibile soprattutto per i dipendenti che ricevono uno stipendio annuo sopra i 35mila euro. Al di sotto di questa soglia, infatti, i contributi sono già stati ridotti: del 6% per i redditi tra i 25 e i 30mila euro, e del 7% per quelli sotto 25mila euro. Con un conseguente aumento netto in busta paga.
Le categorie interessate e i requisiti
In base alle categorie di dipendenti che hanno diritto al bonus, l’Inps ha stilato un calendario dettagliato a partire dal 2 agosto scorso. All’inizio di novembre è prevista l’ultima erogazione, destinata solo ai lavoratori che non hanno ricevuto il contributo in precedenza. Ovvero i dipendenti delle pubbliche amministrazioni – di cui all’articolo 1, comma 2, del Decreto legislativo n. 165 del 2001 – ove il trattamento pensionistico sia liquidato da una gestione diversa da quella esclusiva dell’Assicurazione generale obbligatoria (Ago).
Esistono poi ulteriori requisiti per l’ottenimento del Bonus Maroni. È necessario:
- Non risultare titolari di pensione diretta, a eccezione dell’assegno ordinario di invalidità, a carico, anche pro quota, delle gestioni previste dall’articolo 14.1 del Decreto-legge n.4 del 2019
- Non si deve perfezionare il requisito anagrafico per il diritto alla pensione di vecchiaia nel caso di contribuzione accreditata in due o più gestioni previdenziali, oppure quello dell’età anagrafica inferiore richiesta per la pensione di vecchiaia ai sensi di disposizioni di legge più favorevoli, nelle ipotesi in cui sia presente la contribuzione in un’unica gestione
Quanto agli oneri del datore di lavoro, tutto resta immutato. Dovrà comunque versare all’Inps la quota di contribuzione a suo carico, normalmente pari al 23,81%.
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Come fare domanda per il bonus
Per fare richiesta del Bonus Maroni sono previste diverse opzioni. In primis, è possibile presentare la domanda direttamente dal sito Inps, accedendo tramite Spid (almeno di Livello 2), Cns (Carta Nazionale dei Servizi) o Cie (Carta di Identità Elettronica). Il percorso da seguire è “Pensione e Previdenza” > “Domanda di pensione” > “Domanda Pensione, Ricostituzione, Ratei, Certificazioni, APE Sociale e Beneficio precoci”.
In alternativa, si possono usare i servizi telematici offerti dagli istituti di patronato riconosciuti per legge. Il lavoratore può quindi richiedere il supporto degli esperti del patronato che possono presentare per suo conto la domanda per il bonus. Oppure si può contattare il Contact Center Integrato al numero verde 803164 (gratuito) o al numero 06164164 (a pagamento).
Una volta inoltrata la domanda, l’Inps provvederà a certificare al lavoratore (previa comunicazione al datore di lavoro) il raggiungimento dei requisiti minimi pensionistici per l’accesso al trattamento di pensione anticipata flessibile. Deve farlo entro 30 giorni dalla richiesta o dall’acquisizione della documentazione integrativa necessaria. E a questo punto toccherà al datore di lavoro procedere all’eventuale recupero, a conguaglio, delle contribuzioni pensionistiche eventualmente già versate.
Come anticipato, una misura simile al Bonus Maroni è già stata annunciata all’interno della nuova Manovra 2025. Stando alle parole del ministro dell’economia Giorgetti, si tratterebbe di “un innovativo meccanismo di incentivazione alla permanenza in servizio su base volontaria” con “un incentivo significativo sul fronte fiscale”. Si parla in sostanza di una detassazione del 9,19% di contribuzione a carico del lavoratore. Ma non è ancora chiaro se i numeri saranno effettivamente questi.