Bonus a rischio, i piani del Governo
Entro la fine di agosto, Meloni e alleati si ritroveranno al tavolo per iniziare a discutere seriamente sulla prossima Manovra. Servono 25 miliardi, e al momento si è parecchio lontani dall’obiettivo, dato anche che l’Italia dovrà dimostrare all’Ue di aver “fatto i compiti”: entro un mese, il Tesoro è tenuto a comunicare a Bruxelles la traiettoria di rientro per deficit eccessivo. Solo allora sarà possibile determinare i punti fermi della terza Legge di Bilancio dell’esecutivo Meloni.
Per questo, occorre ragionare bene su bonus e misure in scadenza a fine 2024. Ci sono interventi che al momento risultano essenziali (viste anche le ripetute promesse fatte all’elettorato): ad esempio il taglio del cuneo fiscale e l’accorpamento degli scaglioni Irpef. Mentre altri bonus rischiano seriamente di saltare. Intanto Giorgia Meloni, con un assist dal Ministro Giorgetti, sembra intenzionata a fare uno sgambetto all’alleato Matteo Salvini. Sul fronte pensioni, Quota 41 non sarà probabilmente ritoccata. Al massimo si potrà ragionare su un (leggero) aumento delle pensioni minime. Ma è tutto da vedere.
Il taglio del cuneo e gli scaglioni Irpef
Come anticipato, le prime due misure da confermare sono il taglio del cuneo fiscale e l’accorpamento Irpef. La proroga del taglio del cuneo è già stata resa pubblica, e a questo punto sembra quantomai scontata. Si parla del 7% per i redditi da lavoro dipendente inferiori a 25mila euro lordi e del 6%, invece, per i redditi tra 25mila e 35mila euro. Più complesso invece il discorso sull’Irpef.
Ad oggi le aliquote Irpef sono tre: la prima, del 23%, si ferma a 28mila euro; la seconda (35%) va dai 28mila ai 50mila euro; la terza, del 43%, dai 50mila in su. Per diminuire la pressione fiscale sul ceto medio, si punta adesso a ridurre a due il numero delle aliquote, accorpando i primi due scaglioni in un’unica aliquota del 23%. Ma non si esclude anche la possibilità di ridurre di qualche punto la seconda aliquota (quella del 35%) o addirittura la terza. Resta però un problema di fondo: si tratta di operazioni in ogni caso molto costose, e in più legate al concordato preventivo biennale, di cui bisogna ancora capire il gettito.
Il bonus mamma e il canone Rai
Per la premier Meloni un’altra misura cruciale è quella del cosiddetto bonus mamma. L’obiettivo, almeno sulla carta, è di allargare la platea di chi riceve questo sostegno, favorendo non solo le madri lavoratrici dipendenti ma anche quella autonome, professioniste e partite Iva. Il bonus mamma è al momento un beneficio introdotto per i periodi di paga che vanno dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026, con un esonero del 200% della quota prevista per i contributi previdenziali per tutte le mamme lavoratrici (dipendenti e a tempo indeterminato) che hanno tre o più figli. È stata fatta una concessione anche alle donne con 2 figli, ma solo fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo. Tuttavia, nonostante le chiare intenzioni pro-famiglia del Governo, è difficile dire oggi se ci saranno le risorse per confermare, o addirittura ritoccare, questa tipologia di bonus.
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Quanto alla proroga della riduzione del canone Rai, non è tra le misure più urgenti, ma potrebbe fare comodo in termini di immagine all’esecutivo. Nella Manovra di Bilancio 2024 il canone era stato tagliato da 90 a 70 euro. Però mantenere questa riduzione costerebbe allo Stato almeno 400 milioni. E siccome esistono altre priorità più stingenti, l’idea attuale è quella di destinare questo “bottino” a misure per i giovani e la cultura. Ma ancora una volta sono ipotesi sulla carta.
Lo sgravio assunzioni e la decontribuzione per il Sud
Meritano un discorso a parte anche due altre misure a rischio nella prossima Manovra. In primis lo sgravio sulle assunzioni, definito “Superbonus lavoro”, che finora ha dato la possibilità a imprese e professionisti di assumere a tempo indeterminato deducendo una quota del costo del lavoro pari al 120%. Che sale al 130% di sgravio per i soggetti ex-destinatari del reddito di cittadinanza, per le donne e per i giovani. La deduzione garantita da questo superbonus è comunque prevista per le assunzioni dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025. Quindi anche se non fosse rinnovata la misura, l’intero 2025 sarebbe in ogni caso coperto. E la possibile proroga riguarderebbe gli anni successivi.
C’è meno tempo, invece, per decidere le sorti del bonus sulla decontribuzione per i datori di lavoro privati con sede nel Mezzogiorno. Lo sgravio attuale è fino al 30%, ma è quasi certo che non verrà confermato per il 2025. Così come tanti altri bonus piccoli e grandi. Che sono stati molto utili come spot elettorale per la destra. Ma visto il rischio dell’ennesimo bilancio votato all’austerity, potrebbero saltare presto, senza troppe cerimonie.